Le intolleranze: cosa sono

17 Maggio 2007 By Paolo Palmas

Sintomi di allergia alimentare sono presenti solo nello 0,5% della popolazione, che invece soffre di fenomeni di intolleranza alimentare in una percentuale collocata tra il 30 e il 40%. Le intolleranze alimentari hanno caratteristiche diverse dalle allergie, soprattutto per il modo in cui si determinano e per i tempi necessari alla comparsa dei sintomi, anche se spesso i sintomi che si evidenziano sono identici. A differenza delle allergie alimentari che si manifestano immediatamente, la reazione che porta ai sintomi di una intolleranza assomiglia molto di più ad una specie di avvelenamento lento; ciò è dovuto all’intervento di altre cellule o di altri anticorpi, diversi dalle IgE.

Sono reazioni più lente e insorgono dopo ore o addirittura giorni dalla introduzione dell’alimento, talora anzi è necessario ripetere per più giorni l’introduzione dell’alimento per poter vedere comparire i sintomi.

Esistono infatti nell’organismo dei meccanismi di regolazione e di controllo (in pratica dei ‘pompieri’), che in caso di intolleranza riescono ad agire meglio che nel caso di allergia, cercando di evitare lo ‘scoppio’ delle polveriere coinvolte (ovvero dei basofili e dei mastociti, cellule che contengono l’istamina). È necessaria la reintroduzione ripetuta della sostanza per scatenare la reazione. L’introduzione di un alimento verso cui esista intolleranza agisce in pratica come una specie di lento ‘avvelenamento’, anche se l’organismo è in grado di riconoscere la presenza del nemico in modo quasi istantaneo.

In pratica l’organismo riconosce subito ‘il nemico’, e poi per qualche giorno ‘lo tiene d’occhio’, cercando dove possibile di limitare i danni dipendenti dalla sua ingestione, e alla fine ‘scoppiando’ solo se l’introduzione dell’alimento continua, al di là delle possibilità di controllo esistenti in ciascun individuo. Nel caso di una allergia (in cui agiscono le IgE), ad esempio nel confronti delle fragole, la introduzione delle fragole provoca l’immediato superamento dei livello di guardia da parte degli anticorpi, e quindi la comparsa repentina dei sintomi (e infatti chi ne soffre arriva dal medico già segnalando la probabile esistenza dell’allergia).

Nel caso invece di una intolleranza, ciò che avviene assomiglia molto a un avvelenamento progressivo, che si sviluppa nel volgere di qualche giorno. Immaginiamo che una persona sia intollerante al latte e ai suoi derivati: il primo giorno, in una condizione di scarsa infiammazione, consuma un cappuccino e una brioche al bar, ma la produzione di anticorpi e di sostanze reattive non è sufficiente a scatenare i sintomi.

Nel corso della notte l’organismo cerca di disintossicarsi e riesce a eliminare alcune delle sostanze infiammatorie presenti, ma il giorno seguente la stessa persona mangia dei biscotti (che contengono latte) per colazione, mentre a pranzo e a cena mette del parmigiano sulla pastasciutta, incrementando nuovamente la presenza di sostanze infiammanti. Il terzo giorno magari mangia un gelato e un dolce alla crema, arrivando molto vicino al livello di guardia.

Quando infine, il quarto giorno, prende di nuovo un cappuccino, supererà il livello di soglia e compariranno i sintomi della malattia. È comprensibile che il risultato possa provocare un po’ di confusione: i sintomi compaiono dopo il cappuccino, che la volta precedente non aveva provocato alcun sintomo e quindi, solo difficilmente viene messo in relazione con l’insorgenza della malattia. Di solito, in questi casi, viene spontaneo dare la colpa al pasto della sera precedente.

Fonte: Servizi Medici Associati