Uova e colesterolo, un binomio da rivedere

1 Aprile 2008 By Paolo Palmas
Nutrifood ha già trattato l’argomento riguardante il giusto valore della colesterolemia plasmatica, in funzione del corretto rapporto con la quota HDL (il colesterolo “buono”). Da tempo alcune scuole di pensiero sostengono con forza l’inutilità di una dieta a basso tenore di grassi e di colesterolo (quello esogeno, cioè introdotto con l’alimentazione), che anzi produrrebbe un aumento della stimolazione sul fegato, con conseguente incremento della produzione epatica di colesterolo endogeno.
La dislipidemia è uno dei fattori di rischio cardiovascolare, che insieme all’ipertensione, all’iperglicemia e all’obesità, contribuiscono a determinare quel complesso di segni che confluisce nella definizione di sindrome metabolica, un quadro clinico in preoccupante ascesa, normalmente ben controllato con un regime alimentare a basso tenore di carboidrati, soprattutto di quelli ad alto indice glicemico.
In un interessante lavoro pubblicato lo scorso mese di febbraio (J Nutr. 2008 Feb; 138(2): 272-6), si sono valutati questi fattori di rischio monitorando per circa 3 mesi 28 soggetti maschi di età compresa tra 40 e 70 anni, sovrappeso o obesi (BMI da 25 a 37), sottoposti ad un regime dietetico che comprendeva il 10-15% di carboidrati giornalieri, con l’inserimento di 3 uova al giorno (equivalenti ad un apporto supplementare di 640 mg di colesterolo), o in alternativa, di una quantità equivalente di sostituti dell’uovo, completamente privi di colesterolo. In tutti i soggetti si è osservata una riduzione del peso corporeo e della circonferenza addominale, ed un miglioramento dei livelli ematici di glicemia e trigliceridi; inoltre, nel gruppo di persone che avevano consumato uova, si è osservato un netto rialzo della quota HDL di colesterolo (come detto, quello buono), migliorando così il rapporto con il colesterolo LDL, ed abbassando l’indice di rischio cardiovascolare. Infine, al termine del periodo di valutazione, dei 18 soggetti identificati inizialmente come appartenenti alla sindrome metabolica, solo 3 persone hanno conservato i caratteri tipici di questa sindrome. I risultati di questo studio, dunque, indicano che un aumento del colesterolo esogeno con la dieta, nell’ambito di un programma alimentare controllato e mirato al conseguimento di un calo ponderale, influenza positivamente anche il profilo lipidico, in particolare aumentando il valore del livello di colesterolo HDL plasmatico, e abbassando quindi i fattori di rischio associati alla sindrome metabolica.
Il mercato delle statine è uno dei più floridi al mondo per fatturato a favore delle aziende farmaceutiche; occorre riflettere sui dati che studi come questo portano all’attenzione di tutti.
Staff Nutrifood.