Lo sviluppo dell’alimentazione

13 Luglio 2008 By Paolo Palmas
Il bisogno di alimentarsi, come ben tutti sappiamo, è uno dei primissimi istinti che guida l’uomo, anzi il bambino, in quel mondo in cui all’improvviso si trova quando nasce. Già si alimentava quando stava comodamente accoccolato nella pancia della mamma, senza dover chiedere niente; il cibo arrivava attraverso il cordone ombelicale e lui poteva gustarselo tranquillamente, provando piacere. Ma anche questo aspetto così naturale e semplice può diventare problematico: cosa succede se la mamma si alimenta male, se non si alimenta quasi per niente perché anoressica, se vomita tutto perché bulimica, se divora cibi nocivi al bambino, alcool o sostanze eccitanti? Quel momento dolce e piacevole si trasforma per il piccolo in incubo, e in lui può iniziare un inconscio processo distorto, di rifiuto o di ansia, legato al suo alimentarsi. Quando nasce, poi, in mezzo al caos creato dalle luci, dalle voci, dai rumori, dai gesti e dalle nuove ed intense sensazioni corporee, l’unico filo conduttore con i suoi nove mesi di vita precedente, l’unica certezza a cui ancorarsi in quel gran trambusto resta il cibo. Quel cibo quindi così gratificante e rassicurante che però non arriva più naturalmente e semplicemente come prima; bisogna strillare per averlo e imparare ad aspettare, non ha più il sapore di prima, ma, come prima, riempie il pancino e fa stare bene. La relazione con la mamma che lo nutre (o con chi si prende cura di lui) diventa quindi l’elemento di primaria comunicazione con il piccolo nascituro ed il cibo diventa il canale attraverso cui mamma e bambino iniziano a dirsi delle cose profonde, intime, emotive. Diverso è il vissuto di chi viene nutrito con amore, con calore, con pazienza, da una mamma accogliente e serena, rispetto a chi viene nutrito con frettolosità, impazienza , sofferenza, da una mamma in preda a problemi suoi; la quantità e la qualità del cibo offerto magari è la stessa ma il colore emotivo diverso connoterà, per sempre, il significato psicologico dell’ alimentazione. E anche il significato che la mamma si è costruita nel tempo rispetto alla sua alimentazione influirà sul significato che nella vita avrà l’alimentazione per il piccolo. L’alimentazione porta quindi con sè importanti ed indelebili elementi di affettività e di relazione umana; il bambino "sente" che le persone che si prendono cura di lui non sono indifferenti al cibo che assume e molto presto scopre che il suo modo di alimentarsi può diventare strumento di potere nei confronti degli adulti, un potere che può utilizzare quando decide di dichiarare "guerra" a ciò che gli sta accanto o per ottenere qualcosa. Le preoccupazioni occulte o manifeste degli adulti sul modo di mangiare del bambino sono le premesse per caricare l’alimentazione di un “altro” significato, quello affettivo – relazionale che si aggiunge al valore dietetico – nutrizionale. Questa può essere la genesi delle problematiche che investono l’alimentazione; se i problemi relazionali e le comunicazioni conflittuali non si risolvono, i comportamenti alimentari scorretti diventeranno la norma per l’adolescente e per l’adulto. L’arcaica minaccia che il bambino lanciava ai genitori riguardante il cibo per dimostrare il diritto di esistere, di essere riconosciuto, di avere un potere, diventa, crescendo, minaccia al proprio Sè. Così, per tutta la vita, l’alimentazione segue i conflitti interni della persona e diventa problema quando i conflitti personali non sono stati risolti. La salute affettiva, la serenità relazionale e l’accettazione di sé garantiscono quindi una sana alimentazione che restituirà alla persona un ulteriore benessere.
Sonia Lio, Staff Nutrifood.