Esiste la dipendenza da cibo?
19 Settembre 2015Negli anni recenti la prevalenza dell’obesità e le sue conseguenze sono cresciute in maniera esponenziale. Negli Stati Uniti il 33% dei maschi e il 35% delle femmine sono classificati come obesi, avendo un Indice di Massa Corporea superiore a 30; non va meglio in Europa, dove il dato più drammatico riguarda l’aumento degli obesi tra gli adolescenti.
In molti casi si assiste ad uno squilibrio energetico per il troppo cibo a disposizione, associato ad una vita sedentaria e priva di movimento; ma cosa spinge gli individui a mangiare più di quanto è necessario per vivere?
La sovralimentazione (overeating) è stata da tempo paragonata ad una forma di dipendenza, in cui vengono attivati i circuiti legati al rilascio di dopamina nei meccanismi di ricompensa del cervello; sebbene i fattori psicologici siano riconosciuti in diversi casi come fattori predisponenti i disordini alimentari, negli ultimi anni si è fatta sempre più strada l’ipotesi che alla base del mancato controllo alimentare vi siano anche delle alterazioni di tipo neurobiologico che modulano il crocevia fame-sazietà.
In questa direzione si collocano, tra gli altri, gli studi su due ormoni coinvolti nel meccanismo di controllo della fame e della sazietà, la leptina e la grelina. La leptina, rilasciata dal tessuto adiposo, inibisce l’appetito e segnala al corpo quando è giunto il momento di smettere di mangiare, mentre la grelina stimola l’appetito, e viene rilasciata dallo stomaco quando quest’ultimo si svuota.
Molti studi hanno messo in evidenza che in soggetti obesi o in sovrappeso la leptina non viene rilasciata o non è in grado di intervenire sull’inibizione dell’appetito, generando così un’alterazione nel circuito di controllo della fame e del consumo di cibo. Questo spiega perché è molto importante la riduzione del grasso viscerale addominale, sia per migliorare il rilascio della leptina sia per ridurre la “resistenza” alla sua azione.
La grelina viene invece rilasciata dallo stomaco quando questo si svuota, e stimola così la ricerca di cibo; i suoi livelli crescono prima dei pasti e diminuiscono circa un’ora dopo. Negli individui obesi, fortemente “infiammati”, è stata riscontrata un’anomalia nei meccanismi di produzione della grelina, che risulta erroneamente alta anche dopo i pasti; questo giustificherebbe quel processo compulsivo di ricerca di cibo di molti soggetti sovrappeso o affetti da franca obesità.
Inoltre, interagendo sui circuiti della dopamina e quindi sui meccanismi di ricompensa del cervello, l’alterazione del controllo di questi due ormoni favorisce la cosiddetta “dipendenza da cibo”, l’overeating e l’inevitabile incremento ponderale.
Per interrompere questo circolo vizioso, che conduce inevitabilmente ad un precoce aumento del rischio di morbilità e mortalità, è dunque necessario attuare un intervento nutrizionale a basso impatto infiammatorio che garantisca il corretto funzionamento di tutti gli assi biologici coinvolti. Fame e sazietà possono dunque essere correttamente modulate, a patto di attuare scelte alimentari bilanciate, individualizzate e che tra l’altro si dimostrano anche poco frustranti socialmente; a tal fine è però indispensabile conoscere i segnali “nutrizionali” che regolano queste risposte.
Paolo Palmas
Naturopata Nutrizionista, Resp. Nutrigroup