Qual è il giusto valore?

28 Giugno 2007 By Paolo Palmas

Per decenni si è attribuita al colesterolo totale la responsabilità dell’aumento del rischio cardiovascolare. Molte linee guida definite dall’Istituto Superiore di Sanità hanno interpretato in modo errato alcuni dati pubblicati ripetutamente in molti lavori scientifici; nel famoso studio di Framingham, ogni incremento della colesterolemia dell’1 % è stato associato ad un aumento di incidenza di cardiopatia ischemica del 2-3 %; in realtà quello studio dimostrò che non c’è nessuna significativa differenza nel rischio cardiovascolare in soggetti con colesterolo totale compreso tra 204 e 294 mg/dl.

In un altro studio ( Romer-Luthi et al, Fatty acids and lipids-new findings, World Rev. nutr. Diet. Bale, Karger 2001, vol. 88) si è dimostrato come abbassando il tasso del colesterolo del 15% non si ha una diminuzione delle malattie cardiovascolari né del tasso di mortalità. Appare evidente dunque che i valori che possono fornire informazioni utili per definire un indice di rischio cardiovascolare non possono riguardare solo il colesterolo totale, o la sua frazione LDL; il corretto valore dell’indice di rischio lo fornisce il rapporto tra il colesterolo totale e la sua frazione HDL, che in un soggetto sano dovrebbe essere non superiore a 4,5. In questo senso quindi è molto più pericoloso avere un colesterolo totale a 180 con un HDL a 20 (indice di rischio: 9), come avviene in molti soggetti vegani, piuttosto che un colesterolo totale a 280 ma con un HDL a 70 (indice di rischio: 4). Quando poi il valore totale di colesterolo supera i 300 mg/dl è opportuno considerare anche i trigliceridi e la glicemia come possibili dati predittivi.